STRANI RACCONTI
Parte 7: INCUBO
di FABIO VOLINO

 

Gli ultimi istanti sono confusi nella sua mente. Ricorda che stava affrontando Dormammu, sul piano terrestre. Il demone aveva deciso di infrangere il suo giuramento di non invadere più il suo mondo, ma ne aveva pagato il prezzo più caro. Ecco, sì, qualche altro frammento riaffiora: rammenta di averlo praticamente diviso in due, ma prima Dormammu aveva mormorato qualcosa. Qualcosa… a proposito del suo viso: cosa voleva dire?
Solo allora si avvede dell’oscurità. Perché è qui? Ricorda un tremendo buio dopo il colpo mistico che aveva rilasciato contro Dormammu… e forse qualcuno ne ha approfittato. C’è tanta gente che in questi giorni lo ha preso di mira e lui si domanda se non sia solo un caso.
Finalmente compare qualche debole sprazzo di luce. Il paesaggio attorno a lui è ovviamente di tipo sovrannaturale: qui le geometrie sono contorte e non hanno un briciolo di logica. Ne ha visitati tanti di mondi come questo, eppure gli appare stranamente familiare. Ed ha ragione.
“Bentornato, Strange. Bentornato nel mio mondo”.
La voce… non possiede solo questa, ne ha utilizzate molte altre nel corso della sua lunga esistenza. Del resto un demone non ha certo una limitazione così banale come una sola voce. Eppure questa è quella da lui più usata, quella più spettrale e sinistra. Noi tutti la sentiamo prima o poi, ci appare in sogno quando siamo immersi nelle nostre paure più profonde. Paure che qui prendono forma ed alimentano il potere di questo demone.
“Sì, bentornato davvero” continua “Questa sarà la tua ultima dimora. Assapora le tue ultime ore”.
Ancora all’oscuro della sua condizione, il Dr. Strange si rivolge con sprezzo al suo avversario. “Parole vanagloriose da parte di qualcuno che ho sempre sconfitto, Incubo”.
“In altri momenti discuterei su quel sempre, ma non ora. Perché, vedi, tu adesso hai di me una impressione sbagliata: credi che io voglia affrontarti, impegnarmi in un lungo ed instancabile scontro in cui utilizziamo tutte le nostre capacità. Eppure non è così: oggi non devo sostituirmi a nessuno per ingannarti, non devo portare alcuna persona nel mio mondo. Oggi, basta che resti immobile qui a guardarti. A guardare la tua fine”.
“Cosa vuoi dire?”.
“Guardati, Strange. Non noti nulla di particolare?”.
Solo in quel momento il mistico si avvede degli strani contorni del suo corpo, più bianchi e spettrali del solito. Ed allora capisce. “Questa è la mia forma astrale”.
“Esattamente. E per quanti sforzi tu faccia, non riuscirai mai a trovare il tuo corpo fisico, disperso in una delle innumerevoli altre dimensioni. Un piano semplice ed ingegnoso, mi domando perché non ci abbia mai pensato prima. Affronta la realtà, Strange: tra meno di ventiquattro ore sarai morto”.

Chicago Bellevue Hospital.

“Ah, finalmente dai piani alti ci danno un po’ di considerazione” commenta il Dr. Ross.
“C’è poco da fare lo spiritoso” ribatte lo psichiatra, il Dr. Greene “Siamo stati molto impegnati. Ed il vostro non mi è sembrato un caso urgente. Comunque ora sono qui, no?”.
Ross annuisce per evitare ulteriori discussioni. “Va bene, Ciccio. Da questa parte. Il paziente ha circa ottant’anni, identità ignota e… per utilizzare termini che in medicina non si usano, è pazzo come un cavallo”.
“Strano, pensavo la stessa cosa di te”.
Ross abbozza un sorriso e porta Greene davanti al letto in cui dovrebbe trovarsi la persona anziana, solo che non c’è nessuno. O meglio qualcuno c’è ed è riverso a terra.
“Carter, Carter!”. La voce di Ross fa riprendere i sensi al giovane borsista. “Carter, cosa è successo?”.
Il giovane si rialza in piedi e rimane muto.
“Allora, dove si trova il paziente?” chiede Greene.
“Non mi credereste” afferma Carter.
“A cosa non dovremmo credere?”.
Il giovane rimane pensoso per alcuni istanti, quello che ha visto probabilmente cozza contro la sua ragione. Infine decide di spifferare tutto. “Stavo preparando il paziente per l’arrivo dello psichiatra, quando si è alzato ed ha preso dei vestiti lasciati qui da qualche inserviente. Mentre li indossava, gli chiedo cosa stesse facendo. Lui mi ha detto che stava ricordando chi è e, cosa più importante, doveva andare in aiuto di una persona a lui cara. Io ho creduto ovviamente che vaneggiasse ed ho provato a fermarlo: in quel momento davanti a me c’è stato un lampo accecante, come se un petardo fosse esploso davanti a me senza far rumore. E mentre perdevo i sensi, l’ultima cosa che ho visto è stata il paziente che apriva quella finestra e si gettava di fuori”.
I due medici si guardano a lungo negli occhi: seppur venate dallo stupore, c’era totale sincerità nelle parole di Carter. Per qualche strana ragione, nessuno concepisce la possibilità di una bugia. Ross si reca alla finestra indicata dal giovane e la trova aperta: sotto c’è un cornicione ed aggrappato ad esso il pigiama prima indossato dall’anziano paziente. Per il resto nulla e nessuno in vista.

Regno di Incubo.

“No, mi rifiuto di arrendermi in questo modo” afferma Strange “Non può andare così”.
“Ed in quale altro modo potrebbe andare?” lo canzona Incubo “Ormai ti rimangono ventitrè ore, Strange, e non sei più vicino alla soluzione di prima. Non riuscirai mai ad uscire dalla mia dimensione del sogno, perché io ti sbarrerò la strada. Ma supponiamo, per amor di discussione, che tu ci riesca. Tornerai poi immediatamente al tuo rifugio, al tuo sancta sanctorum, e con l’Occhio di Agamotto scruterai nel caleidoscopio di infinite dimensioni per ritrovare il tuo corpo fisico. E fallirai doppiamente, perché non lo ritroverai nemmeno avessi un secolo di tempo a disposizione. Il mondo in cui si trova è così protetto e vasto che anche qualora vi arrivasti per caso non lo ritroveresti mai. Da voi sul piano terrestre si dice che è come cercare un ago in un pagliaio. Solo che in questo caso i pagliai sono infiniti. Dunque smetti di coltivare delle speranze, Strange, perché non hanno motivo di esistere. E rifletti su questo: io ed il mio alleato avremmo già potuto distruggere il tuo corpo fisico, ma abbiamo preferito non farlo. Vogliamo che coltivi fino alla fine una falsa speranza”.
“O forse sei solo tu che stai cercando di ingannarmi, di distruggere il mio spirito”.
“Tu credi? Ci siamo affrontati così tante volte che ormai ci conosciamo bene entrambi. Arriverai alla verità anche da solo, Strange, e capirai che è quella che ti ho detto io. Non c’è altra alternativa”.
In effetti già mentre il demone parlava in precedenza, il mistico ha provato a vedere se poteva esserci una via d’uscita. Ed una in effetti c’è n’è, ma passa attraverso Incubo. Ed anche qualora lo sconfiggesse… gli aspetta il destino vaticinato dal suo nemico.
“Ironico che tutto finisca così tra noi, vero, Strange? Con una banale morte per cause naturali, dopo tutte le nostre epiche battaglie. Ricordi quando imprigionai Eternità? O mi sostituii al fedele servo dell’Antico? In tutti questi anni il mio odio per te è cresciuto in modo sempre maggiore, ma è stato anche affiancato da un’altra sensazione. Stima, rispetto. Sì, Strange, perché nonostante noi siamo su piani divergenti ho imparato a tenere in conto il tuo valore. Mi sono detto che tutte quelle mie sconfitte non possono essere dovute solo ad un mio errore di giudizio od una erronea interpretazione dei fatti. No, sei stato un avversario di grande capacità, Strange, e credo che anche se solo per una frazione di secondo rimpiangerò la tua scomparsa. Perché non troverò mai più un nemico alla tua altezza”.
“Non credo che l’onore ed il rispetto facciano parte del tuo…” inizia il mistico prima di bloccarsi.
“Cosa c’è?” lo esorta Incubo “Finalmente hai deciso di arrenderti? Hai capito quanto è inutile la tua lotta?”.
In realtà Strange sta ripensando ad una frase pronunciata poco fa dal demone, una frase che potrebbe rappresentare la sua ancora di salvezza. Così banale nella sua semplicità, eppure così decisiva.
“Dunque, Strange?” lo incalza ancora Incubo.
In risposta il mago solleva in aria le mani.

Greenwich Village.

Lunghe ore di trance mistica non hanno portato a nulla: Rintrah non è riuscito a rilevare alcuna traccia del Dr. Strange. Il suo mentore, colui che gli ha insegnato tutto. Sembra proprio svanito nel nulla e Rintrah teme il peggio. Bel Mago Supremo che è, fallire nei compiti più semplici: e quando si presenterà un’altra grande minaccia ce la farà a sventarla da sola? O dovrà sempre contare sull’aiuto di qualcun altro, come finora è sempre accaduto? La crisi del Darkhold, i due tentativi di invasione di Dormammu, il ritorno della Corona del Serpente… non era solo in quelle occasioni. C’era sempre Strange, che a quanto pare non ce la fa a strappare definitivamente il cordone ombelicale che lo collega alla Terra. Vorrà pur dire qualcosa.
“Ehi!”. Inizialmente Rintrah non sente questo richiamo. “Ehi, fermati!”. Qualcuno gli posa una mano sulla spalla, umana grazie ad un incantesimo mistico come tutto il resto del suo corpo. Quando si volta, il Mago Supremo della Terra vede un volto a lui familiare, eppure gli ci vuole qualche secondo per ricordare chi sia: la cameriera che aveva incontrato ieri, quella a cui aveva dato una sostanziosa mancia. Il suo volto sorridente ispira a Rintrah a sua volta un sorriso.
“Per fortuna ti ho visto mentre stavo tornando dal lavoro” dice la donna di nome Janet “Ma allora vivi da queste parti? O sei qui di passaggio?”.
Inizialmente Rintrah esita, poi dice la verità:”Ecco, in effetti abito qui vicino. Un piccolo palazzo”.
“Sai, adesso dirai che sono una sciocca, ma ieri quando te ne sei andato ci sono rimasta male. Non so dire il perché… o forse sì. Sei stato così gentile, anche se ci siamo scambiati poche parole. Non avevo mai incontrato una persona come te, così… speciale”.
Rintrah presta ascolto alle parole, ma anche al loro suono. Armonioso, pieno di melodia… ha provato la stessa cosa Strange quando ha parlato la prima volta con Clea?
“Adesso ho staccato, ma se vuoi posso ancora offrirti un buon caffè. Gratis”.
“Io… a casa ho il necessario per fare il caffè” dice Rintrah quasi senza pensarci.
“Meraviglioso! Sono una maga io per certe cose, ti farò leccare le labbra. Oh, scusa, che maleducata: mi sono invitata da sola”.
“Nessuna offesa. Piuttosto mi chiedo se Wong…”.
“Wong? Chi è questo Wong?” chiede Janet con sospetto.
“Sarebbe il mio tuttofare… però credo che non se la prenderà troppo se gli do la serata libera”.
Janet circonda con le sue mani Rintrah ad un braccio, cosa che lo sorprende molto. “Allora questo è un invito!”.
Passano alcuni secondi, poi il mistico risponde. “Sì, lo è”.

Regno di Incubo.

“Hai compiuto la scelta migliore, Strange” dice Incubo “Hai deciso di non affrontarmi. Ed ora mancano solo un paio d’ore alla tua fine, secondo i metodi di misurazione del tuo mondo. Quando hai sollevato le mani alcune ore fa, credevo volessi ricascare nei vecchi errori. Non è stato così. Come ti ho detto prima, ammiro il tuo valore e stimo il tuo giudizio”.
Strange per la prima volta fissa il demone nei suoi occhi inumani e non prova alcun terrore. “Incubo, per una buona volta, taci”.
Lui in effetti inizialmente esegue, per lo stupore che l’ha colto. “Come osi rivolgerti a me in quel modo?” chiede poi con disprezzo.
“E tu come osi rivolgerti a me in quel modo? Con finte parole di stima, di apprezzamento… ne ho abbastanza dei tuoi metodi, Incubo, del tuo fare insidioso… quando avrò recuperato il mio corpo ed avrò sistemato alcune faccende in sospeso mi assicurerò che tu non rappresenti più un pericolo per l’umanità”.
“Ancora insisti, dunque! Non riavrai mai più…”.
Il dito spettrale di Strange viene puntato contro il demone. “No, sei tu che non capisci! Tu che non hai tenuto conto di tutte le forze in gioco! Tu che hai commesso il più fatale degli errori!”.
“Non c’è nessun errore nel mio…”.
Improvvisamente, prima che Incubo possa terminare la sua frase, la dimensione dei sogni inizia a tremare. Sì, a tremare, è come se le sue pareti che pareti non sono crollassero attorno al demone, che osserva il tutto con sguardo attonito. Per la prima volta da secoli, Incubo è stato colto di sorpresa.
“Cosa significa questo? Cosa?”.
Il demone ha la sua risposta quando una glaciale entità compare al suo cospetto.

New York.

Il suo passo è incerto, il suo corpo trema tutto, però deve andare avanti. Deve recarsi nell’unico luogo che ritiene sicuro. Sfortunatamente il sentiero non è privo di pericoli.
“Ehi, Sam, guarda che bella donna! Ha i pantaloni tutti strappati e si vedono cose molto belle. Però, ha i capelli grigi, deve essere anziana”.
“Ma no, è una tinta, non lo vedi che bel viso che ha? Ehi, carina, possiamo offrirti da bere?”.
Lei si volta e fa un debole diniego. Allora l’uomo chiamato Sam la afferra per un braccio e la stringe forte. “Guarda che io ed il mio amico ci arrabbiamo molto se ci dici di no”.
Seppure molto debole, può ancora dimostrare a questi vermi di cosa è capace. Così, con un semplice gesto magico, fa svanire i due uomini. Il gesto non è passato inosservato.
“Ehi, Bill, hai visto? Quella donna ha fatto svanire quei due tizi nel nulla”.
“E noi ci faremo gli affari nostri. Giusto, Carl?”.
I due incrociano i loro sguardi e capiscono che è meglio non immischiarsi in queste faccende. “Sì, giusto”. E si allontanano.
Clea continua ad avanzare verso la sua salvezza.

Regno di Incubo.

Incubo non prova paura di fronte a nulla, eppure adesso farebbe bene a sperimentare questa sensazione. Perché davanti a lui c’è la Morte.
“Tu qui non sei la benvenuta” la caccia il demone “Ti ho esiliato dall’alba dei tempi. Vattene!”.
“Hai un’anima che non ti appartiene” ribatte la Morte con la sua voce cavernosa.
“Strange rimarrà qui” afferma con tono perentorio Incubo “Cosa credi di aver ottenuto richiamando qui la Morte, mago?”.
“Io non posso morire” ribatte il mistico.
In risposta Incubo ride. “Ah, è questa la tua pietosa via d’uscita, Strange? Sei un mortale, sei un essere limitato”. Poi guarda la Morte: il suo volto è inespressivo, eppure Incubo giurerebbe di aver notato un accenno derisorio.
“Stephen Strange non può morire per cause naturali” conferma Costei “Si è guadagnato questo diritto molto tempo fa. Può morire solo in battaglia”.
“Allora lo affronterò io e lo distruggerò”.
La Morte allunga una sua mano scheletrica verso il volto di Incubo, praticamente circondandolo. Ed in quel momento un’altra sensazione ignota attraversa l’essenza del demone: un freddo agghiacciante, capace di paralizzare qualsiasi desiderio di lotta. Qualsiasi istinto di sopravvivenza. Capace di indurre il terrore.
“Lasciami!” grida Incubo “Lasciami subito!”.
“Solo se tu liberi Stephen Strange. Immediatamente”.
“Sì, sì, lo faccio subito!”.
In risposta un sentiero luminoso compare davanti alla forma astrale del mago, che conduce verso un portale. Lui rapidamente lo percorre ed attraversa il cancello dimensionale, svanendo dalla dimensione dei sogni. Solo allora la Morte rilascia la sua presa.
“Ti sei comportato in modo molto imprudente” dice Lei offrendo un commento che non è solita dare “Non continuare più su questa linea o tornerò per terminare ciò che ho iniziato”. Ed anche lei svanisce.
Incubo, quasi strisciando, si siede sul suo trono e lì aspetta con pazienza che la sensazione di freddo agghiacciante svanisca dal suo essere. Ci vorranno tre settimane terrestri. Occorrono invece solo poche ore perché il demone riceva una visita poco gradita.
“Mi complimento con te, Incubo” dice l’ospite “Hai rispettato i termini del nostro accordo ed hai trattenuto Strange più del previsto”.
“Maledetto, tu eri a conoscenza di quel suo patto con la Morte?”. Il demone vorrebbe apparire minaccioso, ma il suo tono tradisce ben altro.
L’ospite annuisce. “La Morte aveva ragione, Incubo: tu sei troppo imprudente. Per certi versi anche ingenuo. Non conosci del tutto i tuoi nemici ed è questo che ti porterà sempre alla sconfitta”.
“Parole vuote, soprattutto se pronunciate da parte tua, che non hai mai concluso nulla nel corso della tua esistenza”.
“Tutto questo sta per cambiare”.
“Ed hai ottenuto qualcosa con l’azione di oggi?”.
“Ovviamente. Perché rimanendo separato dal suo corpo fisico così a lungo, a Strange occorrerà molto tempo per recuperare pienamente le sue forze. Tempo che chiaramente io non gli concederò: presto lo affronterò e distruggerò l’unico ostacolo che si frappone fra me ed il dominio sull’Universo. E ti consiglio di non interferire, Incubo, altrimenti capirai ciò di cui sono davvero capace”.
E con queste ultime parole, l’ospite svanisce. Mentre il demone rimane seduto sul suo trono.

Una dimensione ignota.

Strange riapre gli occhi e subito si osserva: ecco le sue mani, le sue gambe, inequivocabilmente di carne ed ossa. Ha ritrovato il suo corpo fisico. Prova a rimettersi in piedi, ma è ancora troppo debole: appena avrà recuperato parte delle sue forze aprirà un portale che lo riporterà sulla Terra. Perché questo decisamente non è il suo pianeta. In un cielo oscuro nota almeno tre lune. O forse sono solo altri tre pianeti.
“Avrei dovuto immaginarlo di non dover fare patti con quel demone” proclama in quel momento una voce autoritaria appartenente ad un essere altrettanto autoritario. Immenso, pur possedendo solo la parte superiore di un corpo, e con in mano una staffa capace di distruggere interi universi. “Comunque questo ora è irrilevante, perché tu, Stephen Strange, stai per essere annientato da Nebulos, Signore dei Pianeti Perigliosi”.
Forse era meglio se il mago rimaneva nella dimensione di Incubo.

CONTINUA...